Fibrosi Cistica Emilia

In un cuore punk

di Michele Troni

Sono Michele ed ho 40 anni; ho la fibrosi cistica e sono trapiantato da più di 4 anni. Non voglio raccontare la solita storia di quanta fisioterapia facciamo o di quante pastiglie prendiamo o di quanto siamo forti: oramai la sento ripetere all’infinito come una brutta canzone in loop. Quello che voglio cercare di raccontare è il mio percorso: una vita cambiata radicalmente negli ultimi anni e la mia nuova realtà.

Come in tutte le storie, c’è un inizio.

L’estate del 2017 è stata per me lo spartiacque. La mia salute era progressivamente peggiorata, dapprima in modo impercettibile e poi sempre più velocemente e in modo irreversibile. Un ricovero dopo l’altro. I polmoni non erano più in grado di svolgere il proprio lavoro e non sarei più migliorato. Non c’era più la speranza, non c’era più l’ottimismo. Qualcosa che si era aggirato come uno spettro nella mia mente, si avvicinava e sembrava molto più concreto: Il TRAPIANTO, ovvero l’unica soluzione che mi avrebbe garantito un futuro.

L’iter per entrare in lista è stata una traversata nel deserto. Un nuovo ospedale, nuovi medici, esami invasivi, terapie costanti, ossigenoterapia, fisioterapia polmonare, nuove routine, colloqui, screening, incontri, attese, speranze e delusioni. Un periodo molto intenso, faticoso e incerto, durante il quale ho condiviso paure e preoccupazioni con altri pazienti, come se tutti capissimo di essere bene o male sulla stessa barca.

La prima valutazione fu negativa: troppo magro e con poche forze, bisogna lavorarci su. Iniziai una fase di grande cambiamento, interruppi l’ospedale e al suo posto feci la terapia domiciliare a casa. Una nuova casa. Una nuova routine, una dieta migliore, più fisioterapia e più movimento.

La seconda valutazione fu positiva. Firmai il mio ingresso ufficiale in lista ad aprile. La mia attesa fu breve, ma per altri è un’attesa infinita che toglie qualsiasi speranza di potercela fare. La sera del 2 giugno 2018 – stavo guardando la tv e mangiando un panino – suona il telefono. Era la chiamata tanto attesa. Lo zaino con le medicine e le macchine per la fisioterapia sono pronte. L’ambulanza che mi porterà velocemente al centro trapianti sta arrivando. Sono molto agitato, ma è tutto così rapido che non mi rendo conto di niente.

Mi sveglio nel reparto di terapia intensiva, sono molto confuso e intontito dalla profonda sedazione. Alla fine ci rimarrò per 11 giorni, per poi essere trasferito in reparto per 2 settimane. Il ritorno a casa fu molto strano: tutto era nuovo e, per certi versi, sconosciuto. Mi sembrava di guardare tutto da un altro punto di vista: quello di una persona sana, che respira e che non tossisce ogni minuto.

Tutto diventa novità: riesco a fare la spesa e anche a cenare fuori nello stesso giorno! Una conquista! Prima dovevo attrezzami come in una spedizione artica per poter fare una singola attività giornaliera la cui durata era determinata dalla capacità della piccola bombola d’ossigeno che portavo nello zaino. Invece ora la banale routine quotidiana diventa entusiasmante e bellissima.

La mia vita, a quasi 5 anni dal trapianto, è cambiata: curo di più lamia salute, ho cambiato abitudini, sono diventato vegetariano (impensabile! Fibrosi cistica e vegetariano! Quando ero più giovane mi avrebbero defenestrato), cerco di avere un approccio alla vita più altruista e sono riuscito a raccontare il mio percorso agli altri, a dare testimonianza, nonostante non ami molto parlare in pubblico. Questo cambiamento profondo lo vedo in me e lo ritrovo nelle persone che come me hanno affrontato il trapianto: una metamorfosi continua, fisica e mentale.

Ma la cosa veramente importante in tutto questo è Laura, soprannominata “la santa donna” che, in questo percorso veramente impervio, mi ha supportato, accudito e spronato per arrivare dove sono ora e dove arriverò.

Questa è la mia storia. Sono grato a tutte le persone che ho incontrato lungo la mia strada: dottori, infermieri, amici e persone che non ci sono più. Tutti avrete sempre un posto nel mio cuore un po’ punk.