Fibrosi Cistica Emilia

Simona: la zia di Mattia

di Simona

 

Sono Simona, cugina di Loredana che è mamma di Mattia.
È difficile raccontare la storia dal mio punto di vista dato che Mattia è come se fosse anche mio figlio. Siamo una famiglia molto unita, sono figlia unica ma non mi sono mai sentita tale grazie al legame che ho con Loredana e sua sorella Luisa.
Ricordo che quando Loredana ci comunicò che sarebbe diventata mamma di un maschietto eravamo tutti molto felici: siamo una famiglia molto unita e l’arrivo di un altro bambino era per noi un’immensa gioia. In effetti così è stato, Mattia è stato ed è tutt’ora un ragazzo speciale.
Quando nel 2003 atterrammo a Bologna dalle nostre vacanze estive a prenderci c’erano proprio mia cugina e suo marito. All’epoca Mattia aveva 2 mesi. Appena lasciamo l’aeroporto per imboccare l’autostrada Loredana ci dice che ci doveva comunicare una cosa e dal suo sguardo capisco che era qualcosa di importante. In quel momento ne ho pensate tante ma non avrei mai pensato… a tanto.
Ci spiega subito che a seguito di approfonditi accertamenti a Mattia era stata diagnosticata una malattia genetica, la Fibrosi Cistica. Non ne avevo mai sentito parlare dunque chiedo qualcosa in più (ancora adesso mi scendono le lacrime a ripensare a quel momento). Purtroppo avevo capito fin da subito che si trattava di una cosa molto grave. Loredana risponde alle mie domande e di colpo in auto cala un silenzio assordante.
Gli anni passano e Mattia diventa più grande, i momenti bui e le difficoltà sono state tante, anzi tantissime, a volte superate meglio a volte un po’ meno.

Abbiamo capito però che grazie alla ricerca si poteva fare qualcosa, così ci siamo dati da fare e attraverso l’associazione abbiamo conosciuto persone speciali e amorevoli e insieme a loro ci siamo rimboccati le maniche iniziando ad organizzare eventi, pranzi, cene, aste benefiche e camminate per raccogliere fondi. Ci siamo stancate tanto ma anche divertite e vedere il sorriso di Mattia e degli altri ragazzi affetti da questa malattia ti fa dimenticare tutta la fatica dell’organizzazione.

Oggi, a distanza di 20 anni, continuo a guardare Mattia e i suoi genitori e non mi stancherò mai di dire che sono persone davvero speciali, quelle persone che nonostante le difficoltà, la stanchezza e la tristezza hanno sempre un motivo per sorridere e per non fare pesare alle persone che gli stanno vicino il macigno che hanno dentro.
È molto doloroso se mi fermo a ripensare a tutto quello che è stato, vedere un neonato prendere farmaci a ogni poppata, le visite in ospedale durante i ricoveri giocando alla play, le camminate nel centro di Parma durante le ore di libera uscita di Mattia fino ad arrivare a portare il cambio vestiti durante un ultimo ricovero e poter vedere lui e il suo papà solo attraverso una vetrata perché la pandemia non permetteva di fare di più. Sono cose che non si potranno mai cancellare dalla mente e dal cuore.
Poi per fortuna, vedi Mattia terminare gli studi, trovare un lavoro che gli piace e che riesce a fare, lo vedi uscire con la sua macchina e provare a vivere una vita “normale” grazie alla ricerca che ha fatto passi da gigante e che sta dando la possibilità a questi ragazzi di vivere una vita il più normale possibile.
Questo sì che ti riempie il cuore di gioia.

 

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