di Tiziana
Mi chiamo Tiziana, sono zia di una splendida ragazza di 16 anni, figlia di mia sorella Laura. Nel 2007 a giugno nasce Asia. È stata una gioia immensa era tutto perfetto era una bimba sana, apparentemente. Poi Laura viene richiamata all’ospedale, doveva ripetere lo screening perché non concludente. Viene ripetuto e l’esito porta ad una malattia genetica, ma ha bisogno di altri accertamenti e vengono poi indirizzati al Centro Specializzato di Cesena. Non c’è più nessun dubbio è Fibrosi cistica. Ricordo ancora come fosse adesso: ero al lavoro e arrivò mia sorella Erica la più piccola di noi tre, Laura stava rientrando da Cesena e avevano avuto conferma: “I medici hanno detto che Asia ha la Fibrosi Cistica una malattia genetica”.
In quel momento mi è caduto il mondo addosso e si mi è mancato veramente il fiato per poi sfociare in un urlo di angoscia e dolore, perché io conoscevo la BESTIA. Sapevo già i danni devastanti che portava nella vita dei suoi prescelti, non c’era cura definitiva e non dava aspettative di vita molto alte. Nella famiglia di mio marito, da poco più di un paio di anni avevamo detto addio ad una splendida ragazza di 16 anni che aveva passato la sua breve vita tra ricoveri e ossigeno, terapie, medicinali da ricercare all’estero e lotte che avranno affrontato i genitori.
Se ad oggi ci sono ancora tante persone che non conoscono questa malattia, provate a pensare 15 20 anni fa. Tabù, vergogna, paura di essere giudicati; era ancora una malattia che non veniva “percepita” perché invisibile e spesso ti veniva detto “ Non sembra malata, non si vede nulla… “.
Già, anch’io lo dissi con Laura. Dopo tanto tempo però.
Subito non riuscivo a chiedere nulla, ero spesso frastornata e forse non sono stata di grande supporto. Ricordo che avevo paura di toccarla di starle troppo vicino, paura di danneggiarla come fosse una bambolina di porcellana. Non riuscivo a pronunciare nessun discorso che riconducesse a quelle due parole maledette: fibrosi cistica. Aspettavo che fosse Laura a parlare e ricordo un giorno che – mentre la stava cambiando – mi chiese: “Perché? Lei è così solare ride sempre, eppure sarò io a perdere lei… Perché?”
Non seppi darle una risposta ma l’abbracciai forte.
Sono passati anni e oggi so cosa avrei potuto dirle: Asia aveva bisogno di te e tu avevi bisogno di lei. Sono due parti che si completano. Laura è sempre solare e positiva, anche quando avrebbe tutte le ragioni di cedere di abbattersi e di mollare. Asia è un peperino, caparbia, risponde sempre decisa e tiene mia sorella attenta e pronta.
Quando Asia era più piccola non si lasciava molto andare non amava essere abbracciata: stava sempre all’ombra di sua madre. Io non sono stata molto presente, ma ho seguito i suoi progressi e le cadute.
Laura era con me quando arrivò la telefonata della dott. Di Parma che ci diede l’esito degli esami che annunciavano l’arrivo dello PSEUDOMONAS AERUGINOSA, un batterio. Da lì la glicemia cominciò ad aumentare e arrivo il diabete, quindi la necessità di cominciare a fare l’insulina.
Ricordo però anche le prime speranze nel sentir parlare dei nuovi farmaci dati in via compassionevole alle persone più gravi prima e poi a tutti gli altri. Quando toccò ad Asia, dopo un ricovero per essere al pieno delle forze, l’Orkambi cominciò a dare i suoi frutti e a cominciare la sua “trasformazione”.
Quello che era stato per anni un corpo gracilino cominciava a riempirsi e la sua pelle ad acquistare colore.
Poi quest’anno un ulteriore gioia con l’inizio di Kaftrio, con l’assunzione sempre minore di enzimi e la perdita di sale sulla pelle, un’altra vittoria.
Abbiamo il dovere di continuare a lottare per aiutare sempre di più i malati e le loro famiglie, perché ciò che noi viviamo da fuori non si avvicina minimamente a quello che loro vivono all’interno delle loro mura di casa all’interno del proprio io. Quando una malattia rara grave bussa alla tua porta darai il tutto per tutto sempre, ma nessuno è immune al dolore e alla frustrazione.